1 4월 1999
Facoltà di Lingue e Letterature Straniere
Corso di Perfezionamento in Didattica delle Lingue Moderne
“Osservazioni ed analisi di un’unità”
Nazzarena Cozzi
Università Degli Studi di Bologna Facoltà di Lingue e Letterature Straniere Corso di Perfezionamento in Didattica delle Lingue Moderne
INTERAZIONE NELLA CLASSE. LA SPIEGAZIONE. TRATTAMENTO DEGLI ERRORI. PRODUZIONE SCRITTA. CONCLUSIONI. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI.
INTRODUZIONE In questo scritto sono riportati i risultati dell’osservazione sullo sviluppo di un’unità didattica nella scuola di italiano per stranieri Cultura Italiana presso la quale opero con la funzione di coordinatrice didattica. Ho scelto l’argomento controverso del congiuntivo perché questa forma grazie alla sua ricchezza semantica rappresenta meglio di altre forme quanto la competenza grammaticale sia importante per la competenza comunicativa. Un’altra ragione per la scelta del congiuntivo è dettata dalla necessità di sostenere questo modo contro la “cattiva fama” di cui gode, in quanto il suo uso soprattutto nel parlato tende al declino. Frequentemente devo correggere l’opinione degli studenti stranieri che hanno sentito da italiani, anche dai loro insegnanti all’università, che il congiuntivo non si usa più nella nostra lingua. La classe che ho seguito è costituita da adulti di cultura medio-alta, di diverse età, comprese tra i 18 e i 60 anni e con diverse provenienze, Europa, Asia e America. Queste differenze producono prospettive culturali eterogenee che l’insegnante di lingua seconda tiene in gran conto. Infatti, i vissuti personali, gli approcci e gli interessi degli studenti non sono considerati ostacoli, ma al contrario sono valorizzati nella lezione come contributi. Tale atteggiamento didattico favorisce lo scambio tra le persone nella classe e nel contempo sviluppa processi naturali di interazione e di apprendimento. Il lavoro è diviso in due parti, la prima è una descrizione delle lezioni, la seconda invece consiste nell’analisi di alcuni aspetti fondamentali, quali l’interazione nella classe, la spiegazione, gli errori degli studenti e il modo di intervenire e trattare gli errori stessi.
UNITA’ DIDATTICA CLASSE: Intermedio 1 NUMERO STUDENTI: 12 STUDENTI: Daniela (tedesca), Marta (spagnola), Anno (tedesco), Ryu (giapponese), Izumi (giapponese), Gi-young (coreana), Efi (tedesca), Naoki (giapponese) Julia (tedesca), Silke (tedesca), Biorn (svizzero), Sandra (americana). OSSERVATRICE: Nazzarena Cozzi MATERIALE DIDATTICO: testo adottato A.Mazzetti, M. Falcinelli, B. Servadio, Qui Italia, (1988), materiale autentico fornito dall’insegnante (fotografie, giornali, pubblicità, materiale tratto da Internet), registratore, video DURATA PREVISTA: 8 ore OBIETTIVI: Introduzione delle forme regolari e irregolari del congiuntivo presente con verbi di opinione, di speranza e di desiderio per una corretta utilizzazione nell’ìtaliano scritto e, in parte, parlato I e II ora: l’insegnante inizia mostrando una fotografia tratta dall’inserto Il Venerdì di Repubblica del 03.09.1999 (vedi allegato1) e chiede agli studenti di che cosa si tratti. Qualcuno si limita a rispondere “ E’ una fotografia “, altri si lanciano in disparate ipotesi tentando di spiegare che cosa questa fotografia rappresenti. L’insegnante li incoraggia con feedback del tipo “Davvero?” “Questa è un’ipotesi interessante”, “Potrebbe essere “ e si rivolge con particolare attenzione agli studenti giapponesi che generalmente sono più schivi nel prendere parte alle discussioni. Il suo obiettivo principale in questo momento è quello di tenere alta la motivazione. Scatta il gusto della competizione, gli studenti partecipano attivamente prendendosi anche un po’ in giro perché qualcuno vuole essere il primo a scoprire la verità. L’insegnante scrive alla lavagna alcune ipotesi che loro stessi hanno formulato: “per me è una festa africana”, “secondo me è una fotografia che mostra un luogo turistico”, “forse è una pubblicità”. Qualcuno aveva usato un “penso che è…” ma l’insegnante in quella fase della lezione non l’aveva raccolto. Prima di rivelare di cosa si tratti l’insegnante chiede se conoscano altri modi per esprimere un’opinione o un pensiero. Escono così vari “penso che”, “credo che”, “mi sembra che”. E’ evidente a questo punto che l’insegnante sta facendo emergere tutto quello che è già noto agli studenti per arrivare all’elemento nuovo, il congiuntivo, elemento che però ancora in questa fase non viene nominato. Quando poi formula la frase ” penso che questa sia una pubblicità”, enfatizzando “sia” con un tono di voce più alto, qualcuno ha un moto di sorpresa, qualcun altro, che probabilmente aveva già incontrato, anche se solo superficialmente questa forma, si illumina. Anno, lo studente tedesco, mostra chiaro il desiderio di intervenire, di spiegare e l’insegnante non si lascia sfuggire l’occasione per coinvolgerlo. Anno spiega che “sia” è la 3° persona singolare del verbo essere al congiuntivo e che viene usata sempre dopo i verbi di opinione. A questo punto gli studenti si dimostrano più interessati alla nuova forma appena emersa che non alla fotografia. L’interazione insegnante/studenti è molto alta e le domande di questi ultimi si fanno sempre più specifiche ed incalzanti: “solo con i verbi di opinione si usa il congiuntivo?”, “ e con il verbo sapere?”. L’insegnante li invita ad avere pazienza, avvertendoli che mettere troppa carne al fuoco produrrebbe confusione, ma allo stesso tempo li invita anche a riflettere chiedendo loro se il verbo “sapere” esprima un dubbio o un’opinione. Gli studenti arrivano presto alla conclusione che “io so” non deve essere seguito da un congiuntivo. Si passa poi alla trasformazione di tutte le loro ipotesi scritte alla lavagna nella forma del congiuntivo. A questo punto l’insegnante rivela che la fotografia è effettivamente come qualcuno di loro aveva ipotizzato, una pubblicità. ”Questa foto è una pubblicità del National Geographic….E’.. indicativo presente, perché vedete…. indica, ci dice di che cosa si tratta, ce lo mostra, non ci sono dubbi (mostra il suo dito gesticolante che indica la fotografia).Il congiuntivo invece è un ponte (disegna un ponte alla lavagna) che congiunge due frasi, vale a dire due soggetti e due verbi”. Attraverso l’immagine del ponte, giunge poi a spiegare perché non si usi il congiuntivo quando c’è un’identità di soggetto ma si preferisce usare l’infinito. Gli studenti cominciano ad accusare segni di stanchezza, l’insegnante passa ad assegnare i compiti per casa invitandoli a guardare sul libro di testo le coniugazioni dei verbi regolari al congiuntivo. La riflessione sulle forme viene rimandata al giorno successivo. III e IV ora: Durante la correzione dei compiti fatti a casa, l’insegnante coglie l’occasione per invitare gli studenti ad una riflessione morfologica e fonologica relativa al congiuntivo presente regolare delle tre coniugazioni verbali. Si usano matite colorate per il raggruppamento dei verbi, si formulano ipotesi ad alta voce e l’insegnante corregge gli accenti. Gli studenti si rendono conto di fare progressi nell’apprendimento e questo rafforza la loro motivazione. Intanto l’insegnante decide di cambiare attività e inizia ad utilizzare il libro di testo. La lettura che apre l’unità sul congiuntivo riguarda l’inquinamento. Una volta verificato che tale parola sia conosciuta da tutti, si arriva al momento dell’elicitazione; l’insegnante inizia una conversazione con i suoi studenti allo scopo di far emergere da ognuno di loro tutto ciò che già conoscono sull’argomento e di controllare se e in che misura usino spontaneamente il congiuntivo. In realtà pochi lo fanno ma l’insegnante per ora non interviene, è una semplice attività di riscaldamento. Si passa poi all’introduzione delle parole chiave. E’ un momento in cui la produzione lessicale diventa molto ricca, grazie proprio agli studenti che aggiungono termini nuovi come “riciclaggio”, “raccolta differenziata” ecc. e si occupano poi di spiegarli a chi ancora non li conosce. L’insegnante si limita ad annotarli alla lavagna. Uno studente giapponese, Ryu, comincia ad isolarsi, la sua capacità espressiva e comunicativa e anche l’abilità di comprensione non è pari a quelle degli altri, ma l’insegnante se n’accorge e cerca di coinvolgerlo, in parte riuscendoci, incoraggiandolo con sorrisi, domande sul suo paese e feedback positivi. A questo punto si affronta il testo e due studenti volontari si offrono per la lettura. L’insegnante interviene ogni tanto per correggere la pronuncia. Alla fine cerca di attirare l’attenzione su alcune parti del testo invitando a sottolineare non solo i verbi al congiuntivo che incontrano ma anche le espressioni che li precedono. Gli studenti si rendono presto conto che il congiuntivo non viene impiegato solo con i verbi di opinione, come avevano capito fino a quel momento, ma ha un uso più ampio. Si passa poi ad esercizi di fissazione attraverso griglie di riempimento e ad un esercizio di completamento del testo. Per la loro esecuzione la classe viene divisa in piccoli gruppi e il tempo concesso è di quindici minuti. Dopo la correzione di questi esercizi l’insegnante cerca di far riutilizzare in attività orali le strutture appena fissate, chiedendo agli studenti le loro impressioni su Bologna dal punto di vista ambientale e culturale. Questa volta, però, a differenza dell’inizio della lezione, viene curato molto l’aspetto morfologico anche se le correzioni non sono mai negative ma formulate come un eco di sottofondo. Alla fine l’insegnante distribuisce una lista con tutti gli usi del congiuntivo raggruppati per categorie verbali come verbi di opinione, di speranza, impersonali ed ogni categoria viene letta e commentata da uno studente diverso. E’ un momento di riflessione che chiude la quarta ora di quest’unità. L’insegnante dà qualche esercizio di rinforzo da svolgere a casa e raccomanda agli studenti di ascoltare gli italiani mentre parlano, per la strada, alla televisione e in altri luoghi e rilevare ogni volta che sentono un congiuntivo e magari anche di riflettere sul suo uso. V e VI ora: dopo aver corretto i compiti l’insegnante presenta agli studenti alcuni titoli di giornali italiani che riguardano il fumo nei locali pubblici e l’importanza del matrimonio nella società alle soglie del 2000. Divide poi la classe in quattro gruppi (un gruppo favorevole e uno contrario per ogni argomento) e dà inizio ad una attività di roleplay. Ogni gruppo ha quindici minuti di tempo per discutere al proprio interno degli argomenti e per distribuirsi i ruoli che sono stati assegnati in precedenza dall’insegnante (il primario del reparto oncologico, l’avvocato divorzista ecc.).Alla fine si dovrà confrontare con gli altri. Mentre nella prima fase l’insegnante interviene solo quando è stata chiamata direttamente in causa, nella seconda parte il suo controllo si fa più serrato e pur mostrando molto interesse per ciò che gli studenti dicono cura anche il “come” lo dicono. Riporto fedelmente una trascrizione di alcune battute fra GiYoung, la studentessa coreana, e l’insegnante: Gi-young: “ Penso che….penso…. che il fumo è….come si dice….pericoloso per i bambini. Sì, molto.” Insegnante: “Brava Gi-young. Anch’io penso che il fumo sia (lieve accentuazione del tono di voce) pericoloso per i bambini. E’ vero”. Gi-young: ……”E penso anche che…. che i fumatori sono…”. Insegnante (suggerisce sussurrando) : “siano” Gi-young: “Ah si…. Siano….siano, congiuntivo, sì, giusto (ride) ….siano un po’ arroganti e….che siano anche un po’….eh….come si dice….che abbiano poco rispetto….non tutti ma….qualche volta.” Come si può vedere il feedback dell’insegnante è sempre positivo, incoraggiante, mai frustrante per lo studente, ma nessun errore morfologico che riguardi il congiuntivo viene trascurato. Sebbene il role play si sviluppi in una tavola rotonda divertente e anche in alcuni momenti accalorata, non è mai perso di vista l’obiettivo principale, come dimostra questo scambio di battute fra due studentesse tedesche, Silke ed Efi: Silke: “Io credo che la donna italiana oggi sia …. più…più….emancipata, si dice in italiano?”( Guarda l’insegnante che conferma con un cenno). Efi: ”Forse troppo. Penso che la donna voglia….voglia?… Sì, voglia essere troppo libera e credo che questa sia la ragione di….di….che le coppie si divorziano”. Silke (arrabbiata): “Ohh! Questa è una sciocchezza!” Efi (ride): ”No, è solo…. come si dice ….un…un pretesto…si dice pretesto in italiano? (l’insegnante conferma) …Ecco, un pretesto per usare il congiuntivo” Gli studenti ridono ma è chiaro che sono perfettamente consapevoli di ciò che stanno facendo, di quale sia l’utilità di ogni esercizio che viene loro proposto e particolarmente è chiaro a Efi che è un’insegnante di latino. Durante la discussione, escono alcuni verbi che al congiuntivo hanno una forma irregolare, ma che gli studenti rendono “regolari”, così andare diventa “andi”, venire “vena”, uscire “uscia” ecc. E’ in ogni modo un segno evidente di progresso e l’insegnante non interviene, ma li annota alla lavagna e ci ritorna solo alla fine. Pone domande del tipo: “Bjorn, credi che Julia esca con te questa sera?”, “Ryu, dove pensi che vada Silke domenica?”, invitando gli studenti a riutilizzare le stesse forme nelle risposte. Poi dà un esercizio di rinforzo dal libro di testo e alla fine chiede agli studenti la forma dell’indicativo presente di quei verbi, quindi attraverso il loro noto, li porta a riflettere su come la struttura cambi al congiuntivo (andare-vado-vada ecc.). Alla fine, per evitare che la motivazione si affievolisca, dato che ci avviciniamo alla settima ora dell’unità didattica, l’insegnante propone uno spezzone del film di Pierpaolo Pasolini “La ricotta”. Prima della visione avverte che probabilmente non si capiranno molte parole ma invita a concentrarsi su tre cose:1) come potrebbe intitolarsi il film (lei ancora non l’ha detto), 2) in che periodo è ambientato , 3) il possibile finale. Alla fine, gli studenti divisi in gruppi si interrogano e discutono sui tre punti citati in precedenza e poi eleggono un portavoce che relazionerà agli altri le conclusioni; si nota, in questa fase comunicativa, che il tentativo di usare il congiuntivo è più frequente.
Nel chiudere la sesta ora l’insegnante invita gli studenti a riguardare sul libro di testo i verbi irregolari, dà un esercizio di rinforzo e poi chiede un commento scritto su un film italiano che gli studenti hanno particolarmente apprezzato. VII e VIII ora: siamo arrivati al momento della verifica che sarà sia orale che scritta. Agli studenti viene dato un breve articolo tratto da Repubblica che ha come tema la diminuzione della natalità in Italia. Dopo la lettura, l’insegnante pone il seguente quesito: “ Quale pensate che sia l’opinione del giornalista sull’argomento e qual è invece la vostra?”. Concede poi dieci minuti affinché ogni studente possa organizzare un monologo. Durante l’esposizione gli studenti non vengono mai interrotti ma l’insegnante segna gli errori su un foglio per analizzarli alla fine. Risulta evidente un iperuso del congiuntivo che prima d’ora non si era mai verificato, giustificato quindi in parte dalla eccessiva attenzione posta a questa forma. Si nota inoltre che nessuno ancora usa la forma di + infinito Si passa poi alla prova scritta: l’insegnante assegna due esercizi strutturali, nel primo gli studenti devono scegliere se utilizzare il congiuntivo o l’indicativo, nel secondo devono trasformare gli infiniti dei verbi nella forma del congiuntivo irregolare. Gli esercizi sono valutati con un punteggio a base 10, si toglie un punto per ogni errore.
OSSERVAZIONE E ANALISI Interazione nella classe. La motivazione degli studenti della scuola presa in esame è molto forte perché hanno scelto di studiare la lingua italiana, pagano per farlo, ne hanno bisogno per motivi di lavoro, di studio o semplicemente per turismo, sono soliti porre molte domande all’insegnante e ai compagni e ciò determina un serrato processo di interazione. Il feedback dell’insegnante nelle risposte date dagli studenti è un ulteriore importante elemento di questo processo. Gli studenti mostrano sempre il loro bisogno di sapere se hanno capito correttamente e se hanno fornito la risposta appropriata e l’unica volta che l’insegnante ha trascurato di farlo una studentessa (Silke, tedesca) si è sentita frustrata. Silke: “ Penso che la Germania sia meno inquinata dell’Italia.” Insegnante: “Perché pensi questo?” Silke: “ Perché…. noi tedeschi siamo abituati a…..come dire….. sì, dividere i rifiuti con….. con la raccolta….. differenziata?” Insegnante: “ E’ vero Efi? ( non coglie la domanda di conferma di Silke) Tu cosa ne pensi? Silke: “Scusa, non si dice raccolta differenziata? Come posso dire?” In questo caso con il feedback è mancata la valutazione positiva dell’insegnante o il suo commento e la studentessa ha pensato che ci fosse qualcosa di sbagliato nella risposta. Comunque, la maggior parte dell’interazione nella classe è generata dalle domande dell’insegnante che vengono usate per controllare la comprensione degli studenti, per vedere se hanno acquisito le strutture, per attirare la loro attenzione e anche per permettere loro di praticare l’uso del congiuntivo. Non sempre gli studenti hanno risposto subito e con sicurezza alle domande, spesso l’insegnante ha dovuto ripeterle e quando la ripetizione non è stata sufficiente, ne ha modificato la formulazione senza rinunciare ad ottenere la risposta. Insegnante: “ Naoki, conosci il significato della parola tegame?” Naoki: “Eeh?” Insegnante: “ Che cos’è un tegame?” Naoki: “Ah! Per….cucinare. La prima volta la domanda era troppo articolata e del resto l’insegnante non voleva che lo studente le dicesse se conosceva o no il significato della parola tegame, ma voleva che le spiegasse che cos’è un tegame. Quindi la modifica, facilitandola, e a questo punto viene compresa. La spiegazione. Nel corso delle osservazioni svolte ho avuto modo di rilevare la particolare importanza della scelta linguistica dell’insegnante per la spiegazione. Un fattore molto importante è la comprensibilità, infatti un input scarsamente comprensibile agli studenti difficilmente produce apprendimento. Nel caso specifico, la spiegazione non è mai stata un processo a senso unico, l’insegnante non si è posta come colei che impartisce informazioni, ma ha continuamente richiesto un coinvolgimento attivo degli studenti. Spiegando le regole del congiuntivo ha sempre collegato nuove informazioni a qualcosa che gli studenti già conoscevano, conducendoli alla soluzione dei problemi che man mano sorgevano, attraverso domande chiave. Anche nelle spiegazioni lessicali ha sempre evitato esempi elaborati, ma ha invece portato esempi legati a situazioni familiari o comunque a contesti vicini agli studenti. Ha spesso analizzato la natura morfologica delle parole in modo che gli studenti potessero passare dalla parte nota a quella sconosciuta e collegarle. Inoltre l’insegnante ha sempre parlato lentamente, non ha usato contrazioni ma frasi brevi utilizzando un lessico di base chiaro per tutti. Trattamento degli errori. E’ noto che gli errori che uno studente compie sono sperimentazioni nella sua interlingua delle ipotesi che lui sta tentando nei confronti della lingua di arrivo. In questo senso gli errori sono utili e necessari perché proprio attraverso di loro, l’insegnante coglie il grado di sviluppo dell’apprendimento. Nel nostro caso, l’insegnante ha sempre mostrato molta attenzione nei confronti del trattamento degli errori. Non ha mai fornito feedback negativi per non creare senso di fallimento da cui deriva la frustrazione. Ha corretto solo quegli errori che gli studenti riuscivano a comprendere e la cui correzione portava un beneficio nell’apprendimento, tenendo presente la loro competenza linguistica. Prima di intervenire con la correzione ha giudicato il tipo di reazione che avrebbe potuto provocare presso quel tipo di persona, per esempio con Sandra, studentessa americana che doveva superare un esame all’università, la sua correzione si faceva più frequente e consistente, con Naoki e Ryu, studenti giapponesi più timidi e reticenti, ha ritenuto più importante lasciarli esprimere liberamente piuttosto che forzarli a produrre forme corrette. Con loro è intervenuta poche volte e solo se l’errore impediva la comprensione e la comunicazione. Il suo modo di correggere gli errori è stato sempre diverso, a volte li correggeva lei stessa, ripetendo in forma appropriata la risposta sbagliata data dallo studente: Daniela: “ Penso che Bologna è una bella città”. Insegnante: “Ah, pensi che Bologna sia una bella città. Sono d’accordo” in questo modo ha esposto la studentessa alla forma corretta evitando però una valutazione negativa esplicita. Altre volte ha lasciato correggere l’errore allo studente stesso che lo ha prodotto e lo ha fatto indicandogliene la presenza semplicemente ripetendo la frase e alzando il tono al momento dell’errore. Ho comunque notato che la correzione dell’errore non impedisce allo studente di ripeterlo e questo è stato argomento di discussione con l’insegnante alla fine di una lezione. Siamo però arrivate alla conclusione che non è possibile per l’insegnante stabilire quale sia il metodo di correzione più efficace in quanto l’acquisizione della forma corretta nell’interlingua dello studente non attiene all’azione diretta di chi insegna, semmai di chi impara.
Produzione scritta. In questo paragrafo si esclude di valutare la coesione, la coerenza testuale e altri elementi della scrittura, ma si segnala solo ciò che concerne il congiuntivo. E’ possibile notare come gli studenti si siano sforzati di utilizzarne la forma arrivando addirittura , in alcuni casi, ad un iperuso della stessa. Inoltre risulta evidente come la loro interlingua sia più o meno vicina alla lingua italiana a seconda del loro paese di origine e quindi della loro lingua madre. Si confronti il compito di Sandra (vedi allegato 2) ,studentessa americana ma di madrelingua spagnola, con quello di Naoki (vedi allegato 3), studente giapponese: mentre il primo è scritto in una forma semplice ma chiara e corretta, il secondo è in alcuni tratti incomprensibile. E’ interessante notare però, che nel compito dello stesso Naoki, vengono presentate delle forme di congiuntivo imperfetto che non sono state ancora introdotte dall’insegnante.
CONCLUSIONI Dall’osservazione dello sviluppo di un’unità didattica sul congiuntivo in una classe eterogenea per provenienza e per età si rilevano i seguenti punti: – la validità delle classi eterogenee, in cui gli studenti provenienti da paesi più vicini all’Italia per lingua, mentalità e tradizioni, collaborano con coloro che invece provengono da mondi più lontani. Nel caso specifico Anno ed Efi, di nazionalità tedesca, hanno lavorato moltissimo con Ryu e Naoki, di lingua giapponese, aiutandoli anche a superare delle difficoltà iniziali .Per esempio, nei lavori di gruppo hanno spesso assunto volontariamente il ruolo di “tutor”, spiegando il significato delle parole più difficili e incoraggiando i più schivi ad esprimersi. Questa situazione armonica ha favorito la responsabilizzazione di ogni studente nel suo percorso di apprendimento e ha permesso che la partecipazione fosse sempre alta; – il fatto di individuare il senso di una forma grammaticale attraverso un’immagine piuttosto che con spiegazioni lunghe e verbose risulta efficace per tutti gli studenti, soprattutto per quelli orientali. Poiché posti davanti ad un errore, è sufficiente accennare la figura del ponte (v. pag.5) per dirigerli verso l’autocorrezione; – l’importanza di attivare l’uso delle forme attraverso role-play e drammatizzazioni. Allo stesso modo è utile proporre attività legate agli aspetti della cultura italiana, come ad esempio la visione di film, per mantenere elevato l’interesse e di conseguenza anche la motivazione. A questo proposito è interessante rilevare che a distanza di un mese Anno chiede ancora informazioni su Pierpaolo Pasolini e probabilmente per lui le immagini del film “La ricotta”(v. pag.9), saranno sempre evocative dei suoi primi passi nel mondo del congiuntivo; – il raggiungimento di buoni risultati per quanto riguarda l’utilizzazione del congiuntivo, perlomeno nella lingua scritta, ci dà la possibilità di affermare che anche un argomento così “maltrattato”, presso alcuni insegnanti, non comporta maggiori difficoltà di apprendimento rispetto ad altre strutture più “quotate”. Si deve tener conto inoltre che l’argomento è stato sviluppato in poco tempo, cioè otto ore di lezione nel corso di una settimana.
Si induce inoltre che solo stimolando gli studenti ad usare le forme anche al di fuori della scuola e solo invitandoli a parlare con italiani e ad interagire negli ambiti linguistici in cui si verranno a trovare, si arriva col tempo all’uso spontaneo e corretto del congiuntivo nella forma parlata. Per affrontare un percorso così complesso e ricco di sfumature e per ottenere risultati soddisfacenti, è assolutamente necessario che rimanga sempre vigile la sensibilità dell’insegnante nell’avvertire il ritmo generale della classe che deve essere rigorosamente rispettato. Nel contempo bisogna anche tener conto del ritmo individuale di ciascun studente in modo da permettergli di sviluppare la propria interlingua in piena autonomia.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Balboni P.E., Didattica dell’italiano a stranieri, Roma, Bonacci editore, 1994 Cliliberti A, Manuale di glottodidattica, Firenze, La Nuova Italia, 1994 Ceragioli M., La programmazione didattica nell’insegnamento della lingua straniera, Firenze, La Nuova Italia,1993 Corno D. – Pozzo G. (a cura di), Mente, linguaggio e apprendimento. L’apporto delle scienze cognitive all’educazione, Firenze, La Nuova Italia, 1992 Ellis R, Classroom Second Language Development, Oxford, Pergamon Press,1984 Pallotti G, La seconda lingua, Milano, Bompiani, 1997 Rizzardi C. , Insegnare la lingua straniera, Firenze, La Nuova Italia, 1997 Serra Borneto C.(a cura di), C’era una volta il metodo, Roma, Carocci, 1998 Titone R., Grammatica e glottodidattica. Nuove prospettive, Roma, Armando,1992
ALLEGATI Allegato 1 Fotocopia della fotografia usata dall’insegnante per la presentazione del congiuntivo Allegato 2 Fotocopia di un produzione scritta della studentessa Sandra Allegato 3 Fotocopia di una produzione scritta dello studente Naoki